Nella sua storia più che millenaria il castello di Bardi fu luogo di innumerevoli eventi, scontri, assedi; fu anche, quando era dimora dei Principi Landi, capitale di un piccolo ma autentico Stato che amministrava la giustizia e batteva moneta nelle sue zecche mantenendo stretti rapporti con Genova, Milano, Monaco ed altri centri del potere Imperiale. Pochi decenni dopo, con il passaggio ai Farnese, l’epoca d’oro del castello si chiuse irreparabilmente. Fu ridotto a fortezza periferica e carcere, anche se ciò non significa che, tra le sue mura e attorno ad esse, non pullulasse più la vita, una vita non di rado segnata da miserie e da violenze.
Ce ne offre un quadro, talora sorprendente, un «Registro di lettere» che riporta le quasi duecento missive inviate al Duca, nel secondo quinquennio del Settecento, dal castellano, un aristocratico veneziano qui trapiantato per assolvere all’incarico conferitogli dal sovrano parmense.
La loro lettura offre un caleidoscopio di eventi, di episodi; mostra una moltitudine di uomini, donne, preti, religiosi, soldati, birri e notabili locali che si agitano, confliggono, si scontrano.
Qua e la, proietta sprazzi di luce sul loro modo di viaggiare e di comunicare; sulle cerimonie religiose; sull’incombere del passaggio di truppe straniere; sugli antagonismi tra persone e tra villaggi, in un ambiente in cui coltelli, sciabole e archibugi erano troppo diffusi; su aspetti dell’ordinamento sociale, alcuni dei quali per noi stupefacenti, come nel caso dei «confinati»; sull’amministrazione della «giustizia» e sull’uso disumano del carcere; perfino su alcuni metodi di cura. Sono pagine che consentono di guardare con rinnovato interesse e consapevolezza alle mura e agli ambienti del castello; di rivivere con immediatezza, attraverso la cronaca quotidiana, minuta, talora preoccupata, del castellano il brulicare della vita che si svolgeva al loro interno e attorno ad essi.
Al termine della presentazione, grazie alla collaborazione con la Famiglia Bardigiana, concerto di musica rinascimentale