BERTOLOTTI MELCHIADE
Pellegrino 1760/1765
Fu commissario e dottore di Pellegrino dal 1760 al 1765. Il 9 ottobre 1761 assistette al processo d’investitura del feudo di Pellegrino da parte del marchese Federico Meli lupi di Soragna, collo stemma di marchese Sforza Fogliani. Alla sua presenza, in data 16 gennaio 1762, furono fatte le locazioni per il dazio del marchesato. Pubblicò le grida per la vendemmia nel Comune del Mercato, Careno, Mariano e Vigne e Filagni di Varone il 13 settembre 1762. Il 7 agosto 1765 pubblicò la grida per la fiera di San Rocco.
FONTI E BIBL.: A. Micheli, Giusdicenti, 1925, 15.
BERTUCCI ANTONIO
Bardi 1824-11 ottobre 1893
Sacerdote, fu prevosto di Magnano. Si dedicò indefessamente alla cura delle viti colpite dalla crittogama nella sua parrocchia fino dal 1851, istruendo, esortando e aiutando i suoi parrocchiani riluttanti, e facendo loro vedere cogli opportuni esperimenti l’efficacia della solforazione. Il Bertucci poté, con un rivalutato beneficio parrocchiale, vivere decorosamente, soccorrere i poveri e riparare, ricostruire e decorare la casa colonica del beneficio, la canonica e la chiesa. Lasciò pure un legato per due posti gratuiti nel seminario vescovile di Piacenza.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 66.
BERTUCCI EUGENIO
Bardi 1811 c.-1872 c.
Figlio di Giuseppe. Fu medico chirurgo. Partecipò, col padre e il fratello Marco, ai moti del 1848. L’anno successivo fu imprigionato per breve tempo a Parma. Dal 1852 e fino al termine del ducato di Carlo di Borbone fu sottoposto, assieme ai suoi familiari, ai precetti politici.
FONTI E BIBL.: G.B. Janelli, Dizionario biogafico dei Parmigiani, 1877, 492.
BERTUCCI GIACOMO
Bardi 16 agosto 1903-Milano 11 agosto 1982
Lasciò gli studi universitari a Bologna per dedicarsi alla pittura. Studiò a Piacenza nell’Istituto Gazzola, allievo di Francesco Ghittoni, e a Milano, nell’Accademia di Brera, allievo di Aldo Carpi. Visse e lavorò a Piacenza e a Parma. Nel 1940, nominato insegnante di figura al Liceo Artistico di Brera, passò definitivamente a Milano, da allora partecipando a importanti mostre locali e nazionali e ottenendo riconoscimenti e premi. Ebbe al suo attivo una trentina di personali, di cui sei a Milano (l’ultima, nel 1967, alla Galleria Sagittario). Fu membro dell’Accademia Clementina e dell’Accademia Parmense di Belle Arti. Fu dirigente sindacale e membro della Commissione per il Cimitero Monumentale presso il Comune di Milano. Fu poi chiamato nel 1975 alla cattedra di figura presso l’Istituto Gazzola di Piacenza. Il Bertucci ha opere in raccolte pubbliche e private. Incise anche all’acquaforte. Ebbe studio a Milano e a Castell’Arquato. Fu sepolto nella tomba di famiglia al cimitero di Bardi.
FONTI E BIBL.: A. Carpi, Catalogo personale, Palazzo Inam, Piacenza, gennaio 1938; G. Marchini, in La Scure 6 febbraio 1938; F. Cogni, 9 marzo 1943; L. Borgese, in Corriere della Sera 10 aprile 1949 e 11 dicembre 1952; V. Nebbia, in Illustrazione Italiana gennaio 1945; O. Vergani, 13 gennaio 1952; G. Marussig, Catalogo personale, Bottega delle Arti, Brescia, aprile 1955; L. Servolini, Dizionario illustrato incisori italiani moderni e contemporanei, Milano, 1955; Catalogo personale al Centro artistico San Babila, Milano, febbraio 1956; Rassegna di disegni e di pittura di artisti di oggi: Bertucci, a cura del laboratorio Sieroterapico Milanese, Milano, 1956; P. Bianchi, Tradizione italiana ed eleganza francese nell’arte di Giacomo Bertucci, Milano, 1960; Grazia 22 maggio 1966; Pittura e scultura degli anni Sessanta, Milano, 1967; A.M. Comanducci, Dizionario dei pittori, 1970, 288-289; Gazzetta di Parma 19 agosto 1982, 12.
BERTUCCI GIUSEPPE
Bardi 1784-Bardi 13 aprile 1856
Nacque da famiglia di civile condizione. Fece gli studi di Legge nell’Università di Parma, al tempo in cui vi insegnavano Bertani, Cocchi e Godi. Fattosi pratico della lingua francese, fu segretario municipale e maestro di detta lingua a Bardi quando gli Stati parmigiani furono aggregati alla Francia. Durante il movimento di rivolta antifrancese delle popolazioni delle valli dell’Arda, del Nure e del Ceno (gennaio 1806), per le sue opinioni liberali fu perseguitato come giacobino, ebbe a soffrire gravi traversie, e dovette infine lasciare la famiglia e riparare altrove. Nel 1807 collaborò all’arresto dei banditi di Val di Tolla, recandosi diverse volte a trattare con essi. Nel 1808 il Bertucci sposò una figlia di Marco Federici, di Spezia, personaggio noto tra i liberali e i patrioti. Nel 1813 il Bertucci ebbe dal governo il delicato incarico di Conservatore dei generi d’approvigionamento del Forte di Bardi. Nel 1814, per non rimanere vittima della polizia austriaca e dei reazionari, si recò in Francia. Ritornato in patria, fu di nuovo esule nel 1815. Rientrato in famiglia nel 1817, riprese e completò gli studi legali e nel 1819 ottenne il notariato, che esercitò poi sempre con grande integrità. Perduta la prima moglie, passò a seconde nozze con Anna Bazzini, sorella di Giovanni Antonio, di Bardi, anch’egli perseguitato politico. Il 15 giungo 1822 il Bertucci, per aver preso parte attiva ai moti carbonari dell’anno precedente, fu incarcerato con Maestri, Gioja, Berchet, Sanvitale e altri. Rimase in carcere sei anni. Scontata la pena, il Bertucci, sebbene fiaccato nel fisico e nella salute, riprese la sua professione, continuando a manifestare i propri ideali di libertà e di indipendenza nazionale, fidando in un futuro risorgimento d’Italia. Appartenne alla Società dei Franchi Muratori e degli Adelfi, nella quale rivestì ragguardevoli cariche e si distinse per l’energia nell’operare e per la tenacia nelle opinioni. Nel 1831, sebbene infermo, si fece trasportare in lettiga al consesso, da lui indetto, che determinò l’adesione del Comune di Bardi alla rivoluzione scoppiata a Parma. Ripristinato il governo, il Bertucci, pur gravemente ammalato, fu trasportato nel Forte di Bardi, e vi fu lasciato per cinquanta giorni (fu liberato per volontà della duchessa Maria Luigia d’Austria), mentre il figlio Marco, educato ai medesimi principi di patriottismo, si rese fuggiasco. Nel 1848 manifestò ancora una volta col popolo le idee libertarie. Fatto segno nel 1849 a nuove persecuzioni, vide i propri figli imprigionati, sebbene per poco, in Parma. Nel 1852 il Bertucci e i figli furono sottoposti a precetti politici (che furono applicati loro fino al termine del regno di Carlo di Borbone).
FONTI E BIBL.: E. Casa, I carbonari parmigiani e guastallesi cospiratori nel 1821 e la duchessa Maria Luigia imperiale, Parma, 1904, 255-261; A. Folli, Cenni biografici di Giuseppe Bertucci, Parma, 1863; E. Michel , in Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, 1930; E. Ottolenghi, Pagine piacentine del Risorgimento italiano (1815-1831), Piacenza, 1938; G.B. Janelli, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1877, 490-492; L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 66; F. Ercole, Martiri, 1939, 54; F. Ercole, Uomini politici, 1941, 157; M. de Meo, in Gazzetta di Parma 13 ottobre 1997, 5.
BERTUCCI GIUSEPPE
Bardi 5 agosto 1844-Verona 1928
Figlio di Marco. A quindici anni abbandonò il collegio dove seguiva gli studi per arruolarsi nelle truppe garibaldine. Partecipò con entusiasmo ad azioni di guerra nelle campagne del 1859, del 1860-1861 e del 1866, meritandosi una medaglia al valore. Fu poi al Caffaro, a Bezzecca, a Mentana, e nel 1870 alla presa di Roma. In seguito si stabilì a Verona dove esercitò la professione di fotografo. Fu premiato da Vittorio Emanuele di Savoia per le immagini scattate durante il terremoto di Calabria, e da Umberto di Savoia per le foto dell’inondazione del Veronese del 1882. Allo scoppio della prima guerra mondiale avrebbe voluto presentarsi ancora volontario (aveva allora 71 anni), ciò che gli fu impedito solo dalla ferma volontà dei familiari.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 27 aprile 1961, 8.
BERTUCCI MARCO
Bardi 11 ottobre 1813-Bardi 24 marzo 1879
Allevato alla scuola libertaria del padre Giuseppe, nel 1831 dovette riparare in Piemonte, mentre il padre venne arrestato e tradotto al forte di Bardi, come sospetto di far parte della Giovine Italia e di avere cooperato ai moti rivoluzionari di quell’anno. Nel 1849 il governo reazionario di Carlo di Borbone lo trasse in prigione per le sue idee patriottiche e liberali. Liberato dal carcere, fu sottoposto nel 1852 a precetti polizieschi. Subentrò al padre nel notariato, esercitando a Bardi la professione con grande scrupolo e acquistandosi la stima generale. Dopo il 1859, grazie anche alla parentela col marchese Giuseppe Mischi (fautore col Fioruzzi a altri liberali dell’annessione del Ducato parmense al Regno sabaudo), fu chiamato a ricoprire incarichi pubblici, da lui assolti con impegno e disinteresse. Il Governo Italiano lo insignì della decorazione di Cavaliere del Regno.
FONTI E BIBL.: L. Mensi, Dizionario biografico dei Piacentini, 1899, 66-67; M. de Meo, in Gazzetta di Parma 18 ottobre 1997, 5.
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