Dialetti emiliani, toscani, liguri, umbri. Presentazione 3° volume (comprensivo dei dialetti alta val Taro e Ceno). By D. Vitali. 2^ Parte.

Per l’indagine sulla montagna “ligure o ligureggiante” della provincia di Parma ho compiuto soggiorni in loco durante anni, grazie alla sontuosa e ripetuta ospitalità dell’associazione culturale Compiano Arte Storia (una volta ho persino dormito nel castello fra armature ed arazzi) presieduta da Ettore Rulli, il quale mi ha anche aiutato negli spostamenti e nella ricerca degli informatori, a partire da Giacomo Bernardi, ex sindaco di Borgotaro e animatore della locale associazione culturale “Antonio Emmanueli”. Per la montagna piacentina sono partito dai classici lavori di L. Zörner, ma sono state molto utili anche le registrazioni effettuate negli anni da Filippo Columella, Claudio Gallini e Andrea Bergonzi, quest’ultimo originario di Rusteghini: è ad Andrea che devo la scoperta di una micro-zona ligureggiante in comune di Morfasso, finora sconosciuta – o meglio divenuta nota solo nel 2012 col suo monumentale “Dizionario del dialetto dell’alta val d’Arda”. 8) Il capitolo 8 riguarda “La Lunigiana”, anzitutto delimitando l’area storicamente e geograficamente, e poi partendo alla scoperta dei suoi diversi dialetti. Sulla Lunigiana c’è un classico lavoro di P. Maffei Bellucci uscito nella serie della Pacini sui dialetti d’Italia, e che sancisce l’esistenza di un gruppo dialettale lunigianese a sé nell’ambito della comunità dei dialetti settentrionali. Ciononostante, il numero 0 della stessa serie della Pacini usciva nel 1977 con la famosa Carta dei dialetti d’Italia di G.B. Pellegrini in cui, riprendendo il giudizio di alcuni autori precedenti, i dialetti lunigianesi vengono considerati emiliani. Bisogna dire che, per un’area così piccola, la Lunigiana vanta un numero piuttosto ampio di studi, sia di carattere generale, che cercano appunto di classificare l’area (con risultati abbastanza diversi a seconda degli autori), sia di tematica specifica, ossia dedicati a singole località o micro-aree. Ho tenuto conto di tutti questi contributi, preferendo però basare il grosso della mia esposizione sulle registrazioni effettuate negli anni, prima con l’aiuto di Roberto Serra e poi di Pier Giorgio Cavallini, lessicografo spezzino che ha pubblicato dizionari dialettali di molte località della Liguria orientale.Seguendo il solito metodo, si descrive anzitutto il dialetto di Pontremoli e poi, scendendo lungo la valle della Magra in territorio amministrativamente toscano, si arriva pian piano fino a Carrara, per poi descrivere il dialetto della Spezia (quello di Massa era già stato affrontato nel primo volume) e quelli della val di Vara e della bassa val di Magra. L’aver visitato e poi trattato il territorio comune per comune spiega anche la lunghezza di questo capitolo, che si conclude con un’analisi dei rapporti storici e linguistici con l’Emilia e con la Liguria, per arrivare a una mia proposta di classificazione dei dialetti lunigianesi. Si continua con la loro ripartizione interna, piuttosto diversa da quella a suo tempo disegnata dalla Maffei Bellucci, e infine con la discussione di alcune questioni particolari, come la quantità vocalica e consonantica e il plurale femminile. Anticipo che l’analisi fatta dei rapporti tra Liguria e Lunigiana nell’alto medioevo mi ha aiutato a ricostruire una specie di modello lunigianese centrale antico (di prima cioè che Luni si spopolasse lasciando la Lunigiana priva di un centro unificatore), ma anche a capire meglio certi aspetti “meno settentrionali” dei dialetti liguri rispetto a quelli lombardi, piemontesi ed emiliano-romagnoli.

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