Noi ragazzi di fine Novecento: storia del Gruppo di Artiglieria da Montagna Lanzo, Belluno….quando dalle nostre valli del Ceno e del Taro ci catapultavano in “Cadore” per la naja. MARCO BERTORELLI
Ultimi decenni del XX secolo; parlo per me e per tanti altri….compagni, commilitoni, coscritti; chiamateci come volete, che a circa 19/20 anni, a malincuore, dovevamo partire per la naja.
Dodici mesi di crepacuore, pensavamo…preoccupati.
Una destinazione molto comune, per noi parmensi delle valli del Ceno e del Taro, era la Brigata Alpina Cadore con sede a Belluno.
Dopo circa un mese di addestramento presso la caserma Tommaso Salsa, quello che allora si chiamava CAR (centro addestramento reclute ndr) si procedeva alla cerimonia del giuramento e all’ essere, come Alpino new entry, spedito celermente presso un reparto (caserma) della Brigata Cadore, grande unità dispiegata in tutta la provincia di Belluno e nella cittadina di Bassano del Grappa (Vicenza).
Alcuni andavano a Feltre a fare gli Alpini fucilieri o mortaisti, altri a Pieve di Cadore altri ancora a Tai di Cadore (Tai casa mai..ahahah) o a Santo Stefano di Cadore (Santo Stefano a casa col telefono…che tra l’altro era a gettoni).
I più fortunati (scherzo eh) o restavano presso le caserme della Brigata a Belluno o andavano verso la pianura a Bassano del Grappa.
A Belluno e a Bassano c’erano due reparti un po’ speciali (almeno così la pensavano quelli che ne facevano parte) erano sempre Alpini col cappello con l’aquila, ma al posto della penna nera ne avevano una marrone per distinguersi: gli Artiglieri dei due Gruppi di Artiglieria da Montagna della “Cadore”: il Gruppo “Lanzo” e il Gruppo “Agordo”.
Gli Alpini li chiamavamo come sfottò Cunici (conigli in veneto, perché durante gli addestramenti saltavano in mezzo ai prati) loro invece ci chiamavano Panselonghe (pancelunghe, perché l’altezza media degli artiglieri era 1,80 mt).
Vorrei quindi così introdurre la storia del “Lanzo” presso Caserma Capitano Michele D’Angelo in quel di Belluno.
LA STORIA DEL GRUPPO LANZO
“Lanzo”, quasi suona come un richiamo ancestrale e affonda la sua storia nella città torinese che custodisce l’ingresso alle valli alpine.
Nato nel 1935 a Belluno, il Gruppo Lanzo mosse i primi passi sotto l’egida del 1° Reggimento Artiglieria Alpina, per poi essere inquadrato nel 5° Reggimento Artiglieria Alpina della Divisione “Pusteria”.
Il battesimo di fuoco avvenne nelle terre lontane d’Etiopia durante l’ultima guerra coloniale. Nel 1937, al rientro in Italia il gruppo fu sciolto….ma non finiva lì.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE E IL FRONTE OCCIDENTALE
Ricostituito all’alba della Seconda guerra Mondiale, il “Lanzo” tornò a servire sotto il 5° Reggimento Artiglieria Alpina della “Pusteria”. Dopo aver operato prima sul fronte occidentale al confine alpino franco italiano e immediatamente dopo in Albania, Grecia e Montenegro, il gruppo fu inviato in Provenza, dove concluse la sua attività operativa seguita all’ armistizio dell’8 settembre 1943, non prima di aver combattuto, di supporto all’ 11° Reggimento Alpini contro le forze tedesche.
LA RINASCITA NEL DOPOGUERRA E IL SERVIZIO NELLA NEOCOSTITUITA BRIGATA ALPINA CADORE
Nel 1953 (in piena guerra fredda) venne costituita una nuova Brigata Alpina, la “Cadore”, il “Lanzo” rinacque all’interno del 6°Reggimento Artiglieria da Montagna, assumendo una nuova numerazione per le sue batterie (16ma, 44ma, e 47ma, coordinate dalla batteria Comando Gruppo).
Nel 1975, con lo scioglimento del 6° Reggimento, il Gruppo Lanzo passò alle dipendenze dirette della prestigiosa Brigata Cadore, continuando a servire con onore e professionalità.
Il Gruppo Lanzo fu definitivamente sciolto nel 1995, due anni prima della Brigata Cadore, lasciando un’eredità di valore e tradizione che continua nella memoria degli Alpini ed Artiglieri da Montagna, le bandiere sono riposte a Roma presso L’Altare della Patria.
Il suo contributo alla difesa del territorio alpino e l’abnegazione e il coraggio dimostrato nei momenti più difficili lo rendono un simbolo di dedizione e spirito alpino.
Fin dalle sue origini il “Lanzo” ha fatto largo uso di muli, animali (e compagni) indispensabili per il trasporto di armi, munizioni e materiali in ambienti montani impervi. La loro resistenza ed agilità permettevano il superamento di ostacoli altrimenti insormontabili, garantendo la mobilità e l’efficacia dell’artiglieria in alta quota.
I muli hanno accompagnato gli artiglieri del “Lanzo in tutte le loro missioni, diventando un simbolo del legame indissolubile tra uomo e animale nella storia degli Artiglieri da Montagna.
Nel corso degli anni, il “Lanzo” ha impiegato una varietà di armamenti, adattandosi alle esigenze dei vari contesti operativi. Durante la Campagna d’ Etiopia e la Seconda Guerra Mondiale, il Gruppo utilizzò prevalentemente obici Skoda da 75/13, adatti al trasporto someggiato.
Nel dopoguerra, l’arsenale del Gruppo si arricchì di mortai da 107mm e dalla fine degli anni ‘50 dell’obice OTO MELARA Mod. 1956 da 105/14 a traino meccanico o someggiabile ed elitrasportabile.
Il 105/14, così comunemente chiamato: un’ arma iconica. Progettato per essere scomposto in carichi someggiabili, questo obice combinava (e combina, in quanto da pochissimo è stato frettolosamente spolverato e rimesso in servizio, diciamo speciale) la potenza di fuoco con la mobilità per operare in ambienti montani od aree ristrette. La sua versatilità lo rende adatto sia al tiro diretto che indiretto, contribuendo significativamente all’ efficacia delle batterie.
Dal 1953 il Gruppo ha gradualmente introdotto anche mezzi per il traino meccanico: Lancia ACL51 4X4, Fiat AR51-B 4X4, Lancia Iveco ACL75 4X4, Iveco VM90 T3 4×4, Banvagn 206 detto BV, veicolo cingolato bimodulare ad alta mobilità tuttoterreno/anfibio; l’impiego combinato di muli e mezzi meccanici consentì al “Lanzo” di operare con efficacia in un’ampia varietà di contesti operativi, garantendo la mobilità e la potenza di fuoco necessarie per supportare le truppe alpine.
Oltre al suo ruolo prettamente militare e di difesa del territorio nell’ arco alpino di competenza a nord ed a est, il Gruppo Lanzo fornì supporto non solo alla comunità locale bellunese e cadorina in diverse occasioni, partecipando a operazioni di soccorso per calamità naturali e contribuendo a iniziative di protezione civile (disastro del Vajont 1963, alluvione 1966, terremoto del Friuli 1976).
Anni di addestramento, di missioni di soccorso, di legami indissolubili con la gente di montagna. E poi nel 1995, il silenzio, la fine di un’era, il deposito della Bandiera con onore al Vittoriano di Roma, ma non la fine della memoria (almeno per noi che ne abbiamo fatto parte).
Parma 11.04.2025 Marco Bertorelli