GAZZETTA DI PARMA 19.11.24. LAURA CAFFAGNINI
Mai come in questi ultimi decenni il legislatore, gli accademici e il discorso pubblico hanno dedicato tanta attenzione al tema della violenza che le donne possono subire nell’ambito delle loro relazioni affettive. Riforme e innovazioni giuridiche senza precedenti hanno contribuito al riconoscimento del fatto che la donna che subisce violenza “privata” è vittima di reati di cui si deve fare carico l’intera comunità. Si sono moltiplicati i corsi di formazione rivolti alle figure professionali che hanno maggiore probabilità di intercettare le vittime: personale ospedaliero, medici di base, pediatri, psicologi, assistenti sociali, educatori, avvocati, magistrati e forze dell’ordine. Lo scopo è stato quello di favorire l’emersione del fenomeno e di portare le vittime a denunciare gli abusi subiti. Ma qual è il destino della donna quando, finalmente, supera la soglia della sofferenza quotidiana e approda, seppure nell’incertezza, a quello che dovrebbe essere il luogo della sua salvezza? Chi l’accoglie, chi la sostiene e a quali condizioni? Come si riesce ad accompagnare la vittima, donna e spesso madre, verso una tutela, esistenziale prima ancora che giuridica, che non pregiudichi la sua volontà, a volte la sua dignità? I casi presentati in questo volume sotto lo sguardo congiunto della psicologa e della giurista, svelano luci e ombre dei dispositivi di tutela. Rivolto a tutte le figure professionali e volontarie del sistema di aiuto, il testo si propone come un’occasione di riflessione sui significati divergenti e gli esiti paradossali che possono contraddistinguere gli interventi di aiuto.