La Notte di Natale secondo i contadini di un tempo. Racconto di Amanda Marzolini

La Notte di Natale secondo contadini di un tempo

Cari amici, è un pò che non vi scrivo una storia e che non vi parlo dei miei ricordi.
Ma il tempo scorre ed è giunto il momento di ritornare con i ricordi, questa volta natalizi. Quante immagini ricorrono alla memoria: la raccolta del ginepro, del muschio, la preparazione delle reginelle con le noci, quel bicchiere di malvasia dolce col panettone e poi, la parte piu’ importante: la condivisione delle vecchie storie di Natale con genitori e nonni.

Quelle storie che narravano di quel profondo rispetto per le tradizioni, figlio di una liturgia cristiana ancestrale, oggi semi sconosciuta, che mi è stata chiara solo negli ultimi anni dopo innumerevoli studi. Vi rimango aggrappata però ancora oggi, così vi scrivo di una cosa che raccontavano i vecchi:
qualcuno riderà, qualcuno forse si ricorderà di aver sentito la stessa storia molto tempo fa.

Ecco cosa voglio condividere con voi: Si diceva davanti al focolare, che la Notte di Natale, la notte in cui Gesù Bambino veniva al mondo in una piccola grotta di Betlemme, si doveva essere consapevoli che gli animali parlavano dopo la Mezzanotte, ogni Natale . Non solo il Bue e l’Asinello ma proprio tutti. Io conosco anche una narrazione un pò gotica su questa tradizione ma non ve la scriverò, mi limiterò al tema generale. Tenete presente che in passato le stalle erano spesso sotto le abitazioni o comunicanti tramite muro, ed in questi locali  si faceva “filosso”  perchè il fiato degli animali e gli ambienti piccoli favorivano il calore ambientale.

Si diceva quindi che quella notte, gli animali specie se trattati con sufficienza, dicevano in faccia alle persone tutta la verità, quindi il provvedimento non scritto, era di “non andare nelle stalle molto tardi” e se ci si andava, occorreva rivolgere i comandi agli animali con molto rispetto e sussiego reverenziale.

Questa tradizione da cosa nasce? Nasce perchè se ci pensate gli animali sono testimoni sprovvisti di parola nella nostra vita e nel nostro operato, ma sanno, vedono, sono gli innocenti che in tanti ignorano, maltrattano, sottovalutano, disprezzano, quelli di cui si nega l’anima, sono  un poco gli aiutanti degli angeli sulla terra, sono le principesse vestite da serve che “fanno l’esame” ai cuori puri.

Non parlano ma vedono tutto. Anche i bambini sono innocenti e vedono tutto ma sono provvisti di parola; e proprio questa parola che dobbiamo lasciare esprimere specie se denuncia ingiustizia o diritti.

Per un cristiano, Dio vede tutto anche se non ci parla come avviene nei film, ma in modi non convenzionali. Per un cristiano, Dio dovrebbe albergare nel prossimo, negli umani, negli animali, in tutto il creato e, spiritualmente e tecnicamente, se si professa la fede, non si dovrebbe maltrattare ne le creature ne il creato, per non offendere l’Altissimo, anche se nessun maltrattato si ribella, questo non giustifica chi fa del male.

Quindi l’animale che nella notte di Natale parla, simboleggia il mondo spirituale
che non si può sempre ignorare solo perchè non “parla” o si “presenta”; simboleggia la nostra coscienza con cui dobbiamo fare i conti, la coscienza che come un bambino o un animale, conosce, vede tutto e va capito, accudito, rispettato e fatto crescere al meglio. Simboleggia la verità, la sapienza e la consapevolezza dentro di noi, che desidera esprimersi per migliorare le cose, magari proprio a Natale.

E tornando a temi più “popolari”, se pensate alle fiabe, molto spesso gli animali parlano, insegnano, guidano i protagonisti della storia e questo ci fa capire che il sinonimo di “animale/ coscienza” è più radicato che mai nelle tradizioni di ogni parte del mondo anche fuori dalle tradizioni sacre.

Ogni volta che guardo gli occhi di un animale, penso allora a quella storia, penso alla mia coscienza e anche il mondo intero dovrebbe pensarci e conoscere e riconoscere quella storia della Notte di Natale.

Amanda Marzolini     

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