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C’era una volta…
Le storie, che raccontava mio padre a me e a mia sorella, cominciavano quasi sempre con queste parole.
Dunque dicevamo… C’era una volta, un ragazzo di tredici anni.
Era nato nel periodo della Prima Guerra Mondiale e conosceva bene miseria e sacrifici. Essendo già abituato a pesanti lavori di stalla e campagna, decise di andare a lavorare sotto padrone. In tal modo avrebbe tolto una bocca da sfamare alla sua famiglia e avrebbe guadagnato qualche soldo per contribuire al mantenimento dei fratelli minori.
Si recò quindi da un proprietario di un podere, chiedendo di essere assunto come operaio.
L’uomo gli palpò spalle e braccia e, giudicandolo idoneo, lo mise immediatamente al lavoro.
Giunse l’ora del pasto. La padrona gli mise sul tavolo un piatto colmo di brodo, dove si intravvedevano pochi cucchiai di riso e una manciata di fagioli. Il pensiero e lo stomaco del ragazzo cominciarono a protestare.
La giovane fame, dopo ore di lavoro, avrebbe preteso una maggiore porzione, anche perché sul tavolo non c’era ombra di pane.
Si fece coraggio e azzardò
Padrona, la minestra scotta.
Soffiaci! Fu la gelida risposta della donna.
Mmmmmm, disse sottovoce. Credo che tu non sarai la mia padrona.
Mangiò con cuore stretto pensando, che se le cose non fossero cambiate, se ne sarebbe andato a cercare lavoro altrove.
Le cose non cambiarono. Dopo qualche giorno si licenziò e, con i pochi centesimi avuti, si comperò una micca di pane.
In questo modo gli era impossibile aiutare la famiglia. Cambiò paese e cambiò padrone. Dopo la stessa procedura fu messo al lavoro, fino al giungere dell’ora del pasto.
Guardò speranzoso il piatto, che gli veniva posto davanti, e sentì il cuore e lo stomaco farsi piccoli piccoli. Piatto colmo di brodo. Poche tagliatelle e qualche pezzetto di patata.
Pane? Neppure l’ombra.
Sospirò e ancora una volta azzardò.
Padrona, la minestra scotta.
Soffiaci! Fu la risposta già sentita in altra casa.
Mmmmmm, penso che anche tu non sarai la mia padrona.
Ancora una volta la fame vinse sulla ragione e se ne andò, in cerca di altra fortuna.
La trovò in un altro paese, dopo aver camminato a lungo. Anche qui fu messo immediatamente all’opera, fino a quando giunse la tanta attesa ora del pranzo.
Gli fu portato un piatto di minestra, che piacque abbastanza. Certo, nel frattempo, la sua fame di tredicenne non si era per nulla affievolita.
Si fece coraggio e azzardò.
Padrona, la minestra scotta.
Mettici del pane. Disse la padrona, mentre gliene portava una bella fetta.
Il cuore e lo stomaco gli si allargarono per la felicità.
Mettici del pane. Ecco le parole magiche che aspettava.
Bene! Pensò che tu sì sarai la mia padrona.
Mangiò di gusto e divenne un lavoratore instancabile.
Non so se la storia fosse vera o inventata. Rispecchiava comunque la triste realtà di quel dopo guerra.
Lascio a voi le riflessioni. A me basta dire… Grazie papà.
Valentina