La Spada nel Cerro. Un racconto di Amanda Marzolini
Tutti conosciamo il cartone animato “La Spada nella Roccia”, alcuni conoscono la “Spada nella Roccia italiana di San Galgano”, ma la storia della Spada nel Cerro non la avete mai sentita! Questo episodio sarebbe piaciuto al Cicap, poiché l’autore nel contempo nota qualcosa che sembra paranormale, lo avvicina e poi scopre che si trattava di un effetto ottico che spiega e comprende senza bisogno che nessun ricercatore gli dimostri qualcosa di scientifico.
Siamo negli anni ’30, nell’ Appennino Piacentino, Tiramani Giovanni, mio nonno (1914-2008), sta tornando a casa da uno dei vari periodi trascorsi nelle caserme italiane nell’epoca della circoscrizione militare obbligatoria durante il Ventennio.
Anche in questo caso, Giovanni che è di fatto un contadino, viaggia a piedi per raggiungere casa sua a Boccolo Noce e viaggia di notte!
Era comunque un viaggio in notturna tranquillo, molto diverso da quello in cui circa 15 anni prima aveva incontrato i briganti.
Ad un certo punto vede un bagliore nella notte, di forma tondeggiante, fisso nell’oscurità, non capisce cosa sia e perchè sia li, ma col vigore della giovinezza, decide di affrontarlo! Lo fa con la sciabola che era in dotazione ai reparti di cavalleria di cui faceva parte. Oggi episodi del genere, sono letteralmente impossibili da vedere e quando qualcuno fa cose insolite dicono che abbia visto troppi film.
Nel caso suo non conosceva né libri né film, era solo il temperamento coraggioso che dominava le sue azioni.
Estrae quindi la sciabola dal fodero e si avvicina, colpisce al centro con veemenza il misterioso e tondeggiante elemento e la spada si infilza in qualcosa di durissimo.
Si accorge così avvicinandosi ancora, che si tratta di un tronco di cerro per terra, dal tondo perfetto che emerge nella fitta oscurità naturale. Il legno del cerro abbandonato lì da chissà’ quale sprecone, è secco, è divenuto quasi bianco con le intemperie e questa cromia eterea ha tratto in allerta Giovanni che ha scambiato per qualcosa di misterioso il chiarore. Pensava che fosse una sorta di trappola, forse messa lì da qualche residuo brigante, ma per fortuna era solo un vecchio cerro; un caso di pareidolia ( percezione visiva alterata che ci fa confondere le forme delle cose scambiandole per altro).
Il nonno raccontava spesso questo episodio, molto divertito, ma io gli conferivo una connotazione fiabesca, quasi magica, lontanissima nel tempo, suggestiva.
Ogni cosa che raccontavano i nonni e i genitori diventava per me una sequenza di epici richiami e vedevo tutto collocato in un libro e in un film, dove la realtà’ si mescola alla fantasia. Per questo quando è uscito il film “Big Fish” l’ho apprezzato tanto e ho ritrovato quel modello di personaggi che narrano cose straordinarie a me tanto care. Solo che a differenza del figlio del protagonista, io ho sempre creduto ad ogni singola parola delle storie raccontate dai miei nonni e genitori.