Bardi. GIOVANNI MAZZADI UN UOMO, UN AMMINISTRATORE A SERVIZIO DELLA SUA COMUNITA’ (r)

GIOVANNI MAZZADI UN UOMO, UN AMMINISTRATORE A SERVIZIO DELLA SUA COMUNITA’ (Alpe di Bedonia, 29 ottobre 1872 – Bardi, 4 febbraio 1969)

Articolo e foto del pronipote Giuseppe Mazzadi.

Dopo la formazione scolastica presso il Seminario di Bedonia, dalla casa paterna di Alpe di Bedonia (all’epoca sotto Compiano) si trasferì a Bardi per il matrimonio, avvenuto il 30 aprile 1898, con Domenichina Moruzzi che morì prematuramente qualche giorno dopo aver dato alla luce il primo figlio Giuseppe. Si risposò con Virginia Cavalli che gli diede il secondo figlio, Leopoldo. A Bardi fu assessore in Comune a soli ventisette anni iniziando la sua attività al servizio della comunità. Nel 1912 divenne consigliere provinciale a Piacenza, nel 1914 consigliere comunale di Bardi, poi vice-sindaco, nel 1920 sindaco e poi podestà, commissario prefettizio e di nuovo sindaco nel dopoguerra dal 1951 al 1956 quando terminò la sua attività politica.

CON PAPA PIO XII

Durante la sua prima amministrazione Bardi passò dalla provincia di Piacenza a quella di Parma (con il Regio decreto del 24 settembre 1923); inoltre durante i suoi mandati furono realizzate opere di notevole importanza per il paese, quali Piazza Vittoria, la Strada Nuova, il monumento ai caduti della prima guerra mondiale (nel 1921), il ponte sul Ceno presso la “Baracca”, la strada di Gravago, il congiungimento della Bardi-Bedonia, la costruzione della strada da Bardi a ponte dei Lamberti (1940), e la realizzazione di diverse strade frazionali. Fu anche presidente dell’Asilo infantile, della Società operaia e del Corpo bandistico.

Per le sue benemerenze fu insignito il 29 settembre 1921 del titolo di Cavaliere Ufficiale del Re e nel 1936 della Commenda all’Ordine di S.M. il Re, nel 1956 ricevette la Commenda all’Ordine della Repubblica Italiana. Per il supporto ai compaesani in guerra ed alle loro famiglie fu premiato dalle sezioni mutilati e invalidi di Parma e Piacenza con una medaglia d’oro.

Gazzetta di Parma 7 febbraio 1969

 

 

 

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