GROSSARDI CASSIO
Varano de’ Melegari 6 agosto 1819-Varano de’ Melegari 30 maggio 1898
Figlio di Giovanni e di Laura Ventura. Il Grossardi crebbe alla scuola del padre, fiero e nobile patriota varanese che, piuttosto che servire lo straniero, preferì spezzare la sua spada di capitano. Da lui ereditò il senso del dovere, la dirittura dei principi, la fermezza di carattere e il vivo amor di patria. Fin dalla sua infanzia, trascorsa nel castello di Varano Melegari, respirò aria di cospirazione, idee di libertà e di italianità. Col padre (che per quattro anni, all’insaputa degli Austriaci, aveva militato nella Società segreta dell’Adelphia col nome di Varrone) divise, fanciullo di appena sette anni, la prigionia nel castello di Compiano, ove nel 1826 morì l’altro suo fratello dodicenne, Bruto. L’11 dicembre 1836 il Grossardi e Bernardino Scarpa partirono da Parma, muniti di passaporto, per recarsi a Genova ove, insieme ad altre persone (a cui erano stati raccomandati dai fratelli Pedretti di Parma) si imbarcarono, dopo quattro giorni, sul vapore Il Leopoldo alla volta di Marsiglia e della Corsica (divenuta a partire dal 1831 un vero e proprio centro cospiratorio), ove Giovanni Grossardi aveva impiantato una fabbrica di vetro, di cui si serviva per spedire, entro le bottiglie, le corrispondenze politiche ai rivoluzionari di ogni paese. Da una lettera, da lui inviata alla sorella Celeste, si viene a sapere che il Grossardi sbarcò a Marsiglia il 16 dicembre 1836, il 20 arrivò ad Avignone e da qui, insieme al padre, partì alla volta di Valence, ove furono accolti con bontà e gentilezza da Virginia Marchand e aiutati dal parmigiano Garmier, capo divisione della prefettura di quella città. A Valence il Grossardi rimase più di due anni e vi apprese l’arte della litografia, prima dal capitano in ritiro Saint-Etiènne e poi dal famoso litografo Borel. Contemporaneamente studiò disegno dal Valentini. Il 13 aprile 1839 venne condotto dal padre a Ginevra ove trovò impiego come disegnatore-litografo per opera del Cavagnari. Il lavoro presso il litografo Schmidt gli diede molta soddisfazione: ciò mi fa piacere perché mi perfeziona nell’arte che ho intrapreso ed è ciò che desidero vivamente e poi mi fa guadagnare d’avantaggio, essendo pagato secondo il lavoro che faccio (lettera alla sorella Celeste del 7 luglio 1839). Fallito per bancarotta il suo padrone, egli passò nello stabilimento del litografo Gruaz ove pure si dedicò allo studio dell’incisione litografica: questa specie di disegno ornamentale è ancora nell’infanzia e pochi litografi lo conoscono appena. E ciò mi fa piacere perché si possono fare delle cose molto più belle che con la penna litografica (lettera alla sorella del 22 gennaio 1840). Del suo lavoro in quel periodo rimangono le bellissime litografie con vedute di Ginevra (Porta Nuova, Albergo della Corona, Il porto, Vista dei due ponti sospesi, Place de Constance e la rue basse, Rue du temple de la Iusterie) nelle lettere che indirizzò alla madre e alla sorella e un disegno litografico dal vero (Prà del Torno nella Valle d’Angroque, dedicato al marchese Luserna) che egli fece a totale beneficio dei poveri locali, cattolici e valdesi. A Ginevra il Grossardi si innamorò della diciannovenne nobile e ricchissima Betsy Romilly (figlia di un incisore, mercante in oro e gemme), che gli dava lezioni di pianoforte e che egli non poté sposare per la diversità di religione. Durante il suo soggiorno ginevrino si cimentò con successo nel tiro alla carabina, che lo appassionò tanto da indurlo a inventare, nel marzo 1858 a Cuneo ove fu addetto alla scuola topografica del Reggimento, una carabina da carabiniere che sparava a più di 1000 metri di distanza, si caricava dalla culatta e nella quale è affermata la prima idea della rigatura della canna a sezione triangolare, con polvere e proiettili speciali. Il Grossardi passò alcuni mesi a Parigi, ove si recò nell’aprile del 1842 per perfezionarsi nella sua arte. Da Parigi ritornò nel dicembre dello stesso anno a Parma per lavorare alla tipografia Vigotti in borgo Regale. Sono di questo periodo i lavori eseguiti per la Corte ducale di Parma, per i quali ricevette molte complimentazioni (lettera del 31 dicembre 1842 alla sorella Celeste). I documenti e le cronache tacciono di lui fino a quel fatidico 1848 quando sentendomi nelle vene il sangue paterno e l’odio innato contro lo straniero che teneva schiava la mia amata patria, tutto feci per far insorgere contro l’austriaco oppressore una parte eletta della gioventù parmense e, a rischio della vita, raccolsi alcune armi e ne fornii a 7 miei compagni col tacito accordo di insorgere e servirsene il 20 marzo. Infatti, ciò avvenne ed ebbi la fortuna di usare contro l’aborrito straniero le mie armi, restando incolume ai proiettili nemici (Archivio Grossardi in Medesano). Si allude all’insurrezione di Parma che portò il duca Carlo di Borbone a proclamare la Suprema Reggenza e a costituire la Guardia Nazionale, di cui fu chiamato a far parte, col grado di capitano, lo stesso Grossardi. Nella notte del 18 aprile Carlo di Borbone partì per rifugiarsi nel suo castello di Weistropp. Partì pure da Parma una colonna di volontari composta di 180 individui, i quali elessero, prima di partire, i rispettivi ufficiali e sottufficiali. Il Grossardi fu eletto sottotenente. La colonna, sotto il comando di Eugenio Leonardi, già capitano d’artiglieria in Piemonte, si recò al campo piemontese e, giunta a Volta Mantovana, ebbe l’onore di essere passata in rivista dal re Carlo Alberto di Savoja. Di lì a pochi giorni si ebbe il fatto d’armi di Pastrengo in cui la colonna parmense si meritò una menzione particolare. Il Grossardi fu nominato luogotenente dell’armata perché giunto coi primi che scacciarono dal culmine della collina gli Austriaci. La colonna venne poi aggregata alla Brigata Savoja comandata dal generale Mollard. Dopo alcuni giorni, a Santa Giustina, avvenne la battaglia di Santa Lucia (6 maggio 1848) ove il Grossardi si guadagnò il grado di tenente e la medaglia d’argento al valor militare, dietro proposta del Mollard. La medaglia gli fu consegnata a Sommacampagna, di persona dal re Carlo Alberto di Savoja, colle seguenti parole: Voilà ce que vous avez bien merité; j’espère qu’elle ne sera pas la dernière! In seguito a ordini emanati, susseguenti l’avvenuto armistizio, la colonna dei volontari parmensi venne sciolta in Lodi nel luglio del 1848 e i superstiti di essa in parte rimpatriarono. Ma quelli che, come il Grossardi, erano singolarmente compromessi, si avviarono verso il Piemonte. Dopo quella prima medaglia d’argento al valor militare, il Grossardi ne meritò altre quattro (una d’argento e tre di bronzo) per il suo eroico comportamento: nelle campagne per l’indipendenza italiana del 1849 e del 1859, nella battaglia di San Martino e Solferino, durante l’attacco alle baionette sul Rendone di fronte a Pozzolungo (medaglia d’argento), nelle campagne del 1860-1861 e 1866 (Umbria e Marche), fino all’occupazione di Roma il 20 settembre 1870 da parte della brigata Savona, comandata dal generale De Sauget. Dopo la campagna del 1859, che lo vide impegnato a Confienza e sulle alture del Rendone, il Grossardi chiese una lunga licenza per rivedere la famiglia lontana, che gli venne negata. Rinunciò allora al suo grado, ma tre mesi dopo le dimissioni venne richiamato in servizio dal governatore Farini, che lo nominò maggiore e lo destinò al comando del Terzo battaglione residente a Mirandola. Nell’aprile del 1861 Cialdini gli dette ordini e itinerari per andare, col battaglione Appennini, a dare la caccia alle bande armate di briganti che infestavano la zona di Urbino. A Urbino il Grossardi rimase un anno e mezzo. Passò poi col grosso dell’esercito nelle province meridionali e nel 1865 fu in Sicilia a reprimere il brigantaggio. Dopo dieci mesi, per i servizi prestati, fu decorato con la croce dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (30 dicembre 1865). Prese parte attiva alla campagna del 1866 col grado di tenente colonnello nel 13° Reggimento di Fanteria, ove rimase fino al 1868. Passato a Napoli nel 1869, fu promosso colonnello e con tale grado fece la solenne entrata in Roma il 20 settembre 1870. Congedato dalle armi nel 1878, fu creato nel 1891 motu proprio dal re Umberto di Savoja commendatore della Corona d’Italia e il 17 dicembere 1893 fu promosso Maggiore Generale della Riserva. Dopo trenta anni d’indefesso e faticoso servizio militare egli si ritirò nell’avito castello di Varano Melegari. Vi trascorse gli ultimi anni della sua vita, occupandosi dei suoi beni (che assommavano a 104 ettari di terra, oltre a case, castello e possessioni varie al Ghirlonzo, ai Pecorini e alle Faggie) e dedicandosi con passione a studi militari. Del Grossardi scultore rimangono due opere: il suo autoritratto, scolpito in gesso nel 1844, all’età di venticinque anni, il cui valore artistico supera di gran lunga quello di un semplice e onesto dilettantismo, e lo stupendo busto in cavolino della madre, Laura Ventura, che scolpì nell’aprile 1847 quando egli aveva da poco compiuto 28 anni di età. Le piccole e deliziose litografie che egli impresse sulle lettere che inviò ai familiari durante il suo soggiorno in Svizzera, danno la misura di quale abilissimo litografo egli fosse diventato e di come avrebbe potuto eccellere in questa arte, allora agli albori, se ben altri destini non lo avessero chiamato lontano da Parma. Le vedute di Ginevra, ritratte dal vero, furono poi incise sulla pietra secondo un procedimento molto difficile per quei tempi. Sono lavori finissimi, di abile tecnica e grande luminosità nel conseguito effetto chiaroscurale ottenuto con un lavoro regolare e intelligente di matita litografica, su cui spiccano piccole figurine alla Watteau, fatte con diligente minuzia ed esattezza di particolari. I tratti descrittivi delle forme delle case, dei ponti, dei monti e delle imbarcazioni, giocate su fondi bianchi e scuri, sono ricercati con minuzia di analisi e mostrano la conoscenza delle varie possibilità della tecnica e il notevole grado di efficacia pittorica raggiunta.
FONTI E BIBL.: A. Pariset, Dizionario biografico dei Parmigiani, 1905, 48-51; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 3, 1930, 588; M. Zanzucchi Castelli, in Gazzetta di Parma 20 giugno 1982, 9; Per la Val Baganza 10 1991, 135 e 137; Grandi di Parma, 1991, 56.
GROSSARDI GIOVANNI
Viazzano 29 gennaio 1784-Torino 5 luglio 1861
Studiò a Parma con grande profitto, laureandosi in matematica e ottenendo anche il titolo di perito-geometra. Di mente vivacissima, si trovò a contatto con Giacomo Martini e con lui abbracciò la causa dei carbonari. Residente nel castello di Varano Melegari, spirito bizzarro, apparve quasi terribile nelle sue imprese rivoluzionarie. Per aver partecipato ai moti del 1821 fu condannato a otto anni di carcere, di cui cinque scontati nel castello di Compiano. Rimesso in libertà, nel 1831 per conto del Governo Provvisorio organizzò una milizia sulle montagne dell’Appennino nelle zone di Borgo Taro, Bedonia e Bardi. Fallita anche questa rivoluzione, riparò a Livorno e poi in Corsica, indi in Francia, dove insegnò italiano e matematica nelle scuole di Macon, Valence (1831-1838) e Lione (1839). Nel 1842 aprì a Lione un Gabinetto di lettura. Nel 1848 i mazziniani, con i quali egli intrattenne contatti anche dalla Francia, lo convinsero a rientrare a Parma, da dove, nel 1849, fuggì poi a Torino, dove fu impiegato nell’amministrazione ferroviaria (1850).
FONTI E BIBL.: C. Cappelli, La famiglia Grossardi, in Parma nel Mondo ottobre 1962; E. Casa, I moti rivoluzionari del 1831, Parma, 1895; E. Casa, I carbonari parmigiani e guastallesi cospiratori del 1821, Parma, 1904, 273-278; L. Gambara, Le Ville Parmensi, Parma, 1966; F. Grossardi, Cenno storico sulla famiglia Grossardi, 1947; E. Loevison, Gli ufficiali napoleonici parmensi, Parma, 1930; Pagano, Rivista Casse di Risparmio, marzo-aprile 1943; A. Schiavi, La Diocesi di Parma, Parma, 1940; G. Sitti, Il risorgimento italiano nelle epigrafi parmensi, Parma, 1915, 409; G. Badii, in Dizionario del Risorgimento Nazionale, Milano, 1933, 264; V. Spreti, Enciclopedia storico nobiliare, 3, 1930; F. Ercole, Uomini politici, 1941, 189; O. Masnovo, Patrioti del 1831, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1937, 176; F. Ercole, Martiri, 1939, 192; A.V. Marchi, Figure del Ducato, 1991, 360; Per la Val Baganza 10 1991, 135.
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