LA NOBILE GIOVANNA CORDOBA D’ARAGONA DI RICCARDO DE ROSA.

Giovanna Cordova D’Aragona è un personaggio di notevole rilievo nel contesto della storia della famiglia Landi nel XVI secolo. Strettamente imparentata con Filippo II Re di Spagna, era figlia di Giovanna d’Aragona e Antonio Fernandez De Cordova definito dal genealogista G.A. Mariani Cavallerizzo Maggiore di Filippo II e quinto Duca di Sessa. Giovanna Cordova D’Aragona sposò in prime nozze Manfredo Landi figlio primogenito di Agostino che morì subito dopo il matrimonio a Rosas in Catalogna, mentre era di rientro in Italia dopo aver ricevuto dal re nientemeno che la nomina a Governatore di Milano. Gli succedette il fratello Claudio che sposò, per evidenti ragioni di opportunità dinastica, la sua vedova Giovanna, dopo aver ottenuto la necessaria dispensa papale da parte di Paolo IV il 13 aprile 1565. Giovanna portava in dote una somma piuttosto cospicua: ben 8900 lire imperiali investite nel Banco di S.Ambrogio a Milano. Ma Giovanna portò con sé nel Principato di Borgotaro e a Bardi in particolare, suo centro nevralgico, anche una sentita e intensa religiosità che la rese da subito ben accetta ai suoi sudditi, soprattutto grazie al culto di S.Francesco Solano, evangelizzatore del Perù. Inoltre protesse e favorì l’azione religiosa e benefica verso i poveri di una figura femminile ancor oggi ben nota nelle Valli di Taro e di Ceno, la Devota Margherita Antoniazzi da Cantiga, che per tutta la vita operò a favore degli umili e dei sofferenti, diventando punto di riferimento per tutte le comunità delle due vallate. Tale era la fiducia che Giovanna riponeva in Margherita che, sembra, le abbia raccomandato la salute della figlia Giulia, ottenendone la completa guarigione. Prezioso fu anche il contributo della Principessa nel coadiuvare il marito nella gestione dello Stato appenninico, soprattutto durante le sue frequenti assenze come Governatore di Lodi. Nel 1572, imperversando una carestia, scrisse al Duca di Parma Ottavio Farnese, acerrimo nemico della famiglia Landi, per chiedergli il libero transito per i suoi territori di una grossa partita di grano per sovvenire alle enormi difficoltà alimentari e di approvvigionamento dei suoi sudditi. Il duca, più che altro per non attirarsi addosso le ire spagnole, acconsentì. Claudio dalla Germania la ringraziò con una lettera accorata e molto affettuosa. Giovanna morì nel 1576 mentre si trovava a Lodi, il suo corpo e quelli di due suoi figli morti in tenera età anch’essi a Lodi vennero fatti translare a Bardi nel 1590 nella Chiesa di San Francesco a cura del figlio Federico, anche se con notevoli difficoltà frapposte dal Vescovo di Piacenza, sotto la cui giurisdizione ricadevano le parrocchie ubicate nello Stato Landi.

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