FORLINI GIUSEPPE
Bardi 28 dicembre 1917-Bella Farital 29 maggio 1942
Figlio di Antonio. Sergente del 65º Fanteria Motorizzato, fu decorato di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Comandante di squadra di fucilieri, nell’attacco di munitissime posizioni, incurante della forte reazione avversaria, allo scopo di agevolare col fuoco il movimento della propria squadra, si portava a breve distanza dall’avversario falciandolo. Colpito mortalmente da una raffica di mitragliatrice, rifiutava ogni soccorso ed incitava i suoi uomini alla lotta.
FONTI E BIBL.: Bollettino Ufficiale 1949, Dispensa 7ª, 1250; Decorati al valore, 1964, 17.
FORNI OVIDIO
Pellegrino Parmense 14 ottobre 1909-Fidenza 29 agosto 1981
Figlio di Tranquillo e di Elisabetta Levanti. Caposquadra del 5° Reggimento Camice Nere, fu decorato sul campo di medaglia d’argento al valor militare, con la seguente motivazione: Durante un accanito combattimento in cui la propria sezione cannoni si trovava fortemente impegnata, accortosi che venivano a mancare le munizioni, spontaneamente provvedeva al rifornimento sfidando il nutrito fuoco delle armi avversarie, ferito una prima volta, non curava farsi medicare per raggiungere al più presto il posto rifornimento munizioni: travolto poi, da uno scoppio di granata, e gravemente ferito, era lieto di avere portato a termine la sua missione. Alto esempio di virtù militari (Alcaniz, 19 marzo 1938).
FONTI E BIBL.: G. Sitti, Eroismo dei legionari, 1940.
FULGONI RICCARDO
Bore 1912-1990
Fu sindaco di Bore dal 1956 al 1970 e, per la sua appassionata attività a favore della montagna e per la sua conoscenza dei problemi economici del Comprensorio urbano, nel 1968 fu nominato all’unanimità vice presidente del Consorzio di Bonifica Montana dell’Appennino Parmense. Nel 1960 divenne vice direttore della Banca Nazionale del Lavoro e fu presidente delle sezioni locali dell’Associazione provinciale della Caccia e dell’Associazione nazionale Alpini. Con decreto del Presidente della Repubblica del 1970 gli venne conferita l’onorificenza di commendatore al merito della Repubblica Italiana.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 24 aprile 1995, 29
FUMAGALLI VITO
Bardi 1938-Bologna 16 aprile 1997
Quinto figlio di Giuseppe, veterinario. Andò a studiare prima a Pontremoli al ginnasio, poi all’Università di Pisa, dove incontrò maestri di grande statura e presentò la sua tesi di laurea dedicata a Geraldo d’Aurillac, sotto la direzione di uno degli specialisti più famosi dell’Alto Medioevo, Ottorino Bertolini. Dopo cinque anni d’insegnamento nelle scuole superiori, venne ammesso all’Istituto germanico di Roma, diretto da Gerd Tellenbach, il maestro tedesco che seppe riunire attorno alla sua persona una vera scuola di studiosi, ostinati a decifrare i legami di parentela dei personaggi storici dell’Alto Medioevo. I molti anni di studio all’Istituto germanico furono decisivi per il Fumagalli: si trattò di anni di ricerche intensive, durante le quali si affermarono le sue convinzioni storiche attorno alla storia delle campagne e dei contadini e degli ambiti territoriali più vicini all’esperienza quotidiana degli uomini (i distretti minori, quelli emiliani, l’amministrazione periferica dell’Italia carolingia e la zona di Parma-Piacenza-Reggio vi hanno un posto di primaria importanza). Il volume su Adalberto-Atto di Canossa (Le origini di una grande dinastia feudale), pubblicato a Tubingen nel 1971 ne è il coronamento. La famiglia canossiana rimase un argomento caro al Fumagalli, se si pensa che poco prima della sua scomparsa uscì nel 1996 il volume sulla grande contessa Matilde (Matilde di Canossa. Potenza e solitudine di una donna nel Medioevo). Dopo gli anni tanto impegnativi del soggiorno all’Istituto germanico, cominciò la carriera accademica del Fumagalli. Assistente all’Università di Macerata durante l’anno 1969-1970, approdò nell’inverno 1970-1971 alla facoltà di lettere di Bologna, che non lasciò più fino alla sua scomparsa. Da allora sostenne trent’anni di attività ininterrotta tra l’Università di Bologna, come docente di storia medievale e direttore del dipartimento di paleografia e medievalistica, l’Istituto di storia ambientale di Bologna, di cui fu presidente, e il Centro Studi Valceno. Le sue doti di comunicatore andarono rischiarandosi e lasciarono un segno profondo non solo sugli allievi che lo accompagnarono nella vita accademica, ma in una moltitudine di altri, che, senza avere seguito la strada di una carriera accademica, portarono con sé gli interessi e i metodi del suo insegnamento, che veicolava i valori etici ed esistenziali che coinvolgono la persona nella sua totalità. Sarebbe peraltro ingiusto dimenticare quanto il Fumagalli fosse attento a mantenere stretti legami con il mondo della scuola, delle biblioteche, degli archivi, dei circoli e delle associazioni locali, partecipando a convegni, corsi di aggiornamento, lezioni e conferenze. Tale vitalità, che lo vide irradiare così fuori dell’Università, rappresentò uno dei risultati maggiori della sua attività didattica. L’opera scientifica del Fumagalli si concentra attorno a un tema fondamentale: lo studio del territorio e della vita degli uomini sul territorio. Si può riassumere la sua attività scientifica con tre titoli, che sono proprio al centro del metodo e della prospettiva seguiti dal Fumagalli: Terra e società nell’Italia padana (Einaudi, 1976), Il regno italico (secondo volume della Storia d’Italia, UTET, 1978), Città e campagne nel Medioevo (1979 e 1985), riscritto e divenuto nel 1993 La civiltà medievale, Aspirazioni e realtà di un’epoca. La metodologia della ricerca, il Fumagalli la definì in un modo chiaro nella voce Fonti storiche per il grande Dizionario enciclopedico UTET: In fondo tutte le fonti ci forniscono messaggi su tutti i quesiti che ci poniamo. Il problema nasce dal modo di entrare nel documento, di leggerlo e rileggerlo fino a diventare oltre che lettore protagonista. Al documento conviene saper parlare, ascoltarlo, farne un familiare con chi chiacchierare come con un amico. Il Fumagalli non ebbe una predilezione affermata per un tipo di documento, ma seppe affiancare testi narrativi, normativi e trattatistici a fonti documentari, quali livelli, donazioni, permute e testamenti. L’Alto Medioevo non gli forniva documenti di natura seriale e di fatti non gli piacque tale tipo di documentazione, ma di gran lunga preferì porre domande a documenti anomali e non codificati. Il tema campagna-città e rapporti città-campagna, che si fece sempre più vivo nel suo spirito, il Fumagalli lo studiò non tanto in termini di dialettica sociale, economica e politica ma innanzitutto come espressione di sensibilità diverse e atteggiamenti mentali. La città non fu tanto al centro delle sue indagini, poiché i suoi interessi lo portarono più a privilegiare la campagna e i contadini. Il titolo del suo libro Terra e società nell’Italia padana lo dice chiaro, senza per altro che sia assente all’interno la città altomedievale. Nel volume Il regno italico inserì i suoi temi favoriti di storia agraria e quelli riguardanti i rapporti uomo-ambiente: il lavoro quotidiano e la percezione del mondo degli uomini di allora. Fu per l’epoca, nella storiografia italiana, una novità che fece andare in secondo piano la storia politica. Basta aprire il libro sulla bella traduzione che fece del testo di Paolo Diacono della peste del 565 per capire quanto l’opera sia in rottura con altri vecchi volumi dedicati alla storia dell’Italia altomedievale. La trilogia degli anni 1987-1990, Quando il cielo s’oscura (1987), La pietra viva (1988) e Solitudo carnis (1990), con i sottotitoli Modi di vita nel Medioevo, Città e natura nel Medioevo e Vicende del corpo nel Medioevo, riassume in certo qual modo il percorso storico del Fumagalli. Nel 1991 il Comune di Bardi lo insignì del diploma di bardigiano onorario, per ringraziarlo dell’impegno sostenuto nello studio e nella promozione del territorio. In quell’occasione il Fumagalli puntò l’attenzione sull’unità storico-culturale Fornovo-Bobbio, di cui Bardi faceva parte. Quattro anni dopo in Parlamento ritornò su questo progetto proponendo un disegno di legge sulla valorizzazione della via Francigena. Il Fumagalli fu membro del senato accademico e del consiglio direttivo del Centro Studi Italiani sull’Alto Medioevo. Gli ultimi anni della vita del Fumagalli furono oscurati dalla malattia. La sua esperienza della vita politica (fu eletto deputato al Parlamento nelle file dei Progressisti) negli anni 1994-1996 non corrispose alla sua natura di studioso mite e scrupoloso. Ardente difensore della democrazia, intese comunque partecipare alla vita cittadina ma la sua salute era già gravemente alterata dalla malattia tumorale che poi ne causò la morte. Uscito dalla vita parlamentare, tornò, per poco tempo, a quella accademica, che, a dire la verità, non aveva mai completamente abbandonato.
FONTI E BIBL.: Gazzetta di Parma 18 aprile 1997, 6; L. Caffagnini, in Gazzetta di Parma 21 aprile 1997, 30; P. Racine, in Archivio Storico per le Province Parmensi 1997, 28-29.
GABELLI CESARE
Fornovo di Taro 1893/1911
Soldato del 26° Reggimento fanteria, fu decorato di medaglia di bronzo al valor militare, con la seguente motivazione: Ad un’ala della compagnia maggiormente battuta dal fuoco nemico, tenne con calma e coraggio il proprio posto, finchè cadde gravemente ferito (Sidi-Abdallah, 16 dicembre 1911).
FONTI E BIBL.: G. Corradi-G. Sitti, Glorie alla conquista dell’Impero, 1937.
GABELLI GIUSEPPE
Anzola di Bedonia-post 1940
Detto Peppein de l’Anzula, fu suonatore fisarmonicista ambulante. Emigrato in Francia, ritornò al paese natale nel 1940, diventando presto uno dei più richiesti dalle balere della montagna, in quanto seguiva il filone della musica valtarese, rielaborata sulla tradizione musicale parigina. Ebbe una figlia, Rina, fisarmonicista anche lei, che già da bambina suonava in duo con il Gabelli.
FONTI E BIBL.: G.N. Vetro, Dizionario, 1998.
GAIFASO BARTOLOMEO
Pellegrino 1392
Fu notaio imperiale. La sua firma appare in un atto del 24 dicembre 1392 di Giovanni Ollano, notaio Piacentino, per la cessione fatta da Galvano Granello alla chiesa dei Santi Abdon e Sennen di un fitto perpetuo di uno staio di frumento a misura di Parma per una pezza di terra posta a Vianino: Ego Bartolomeus de Gaifasus de Pelegrino, notarius imperialis..
FONTI E BIBL.: A. Micheli, Giusdicenti, 1925, 18-19.